Su La Disparition
Vinculis vincula vinco: coi vincoli i vincoli vinco, o – fuor di ridondanza – domo, forzo, sconfiggo, scardino, scasso, anzi scassìno (con l’ictus sulla “i” alla prima indicativa, mi raccomando); poi ancora frango, abbatto, manipolo, rimpasto, o – stavolta in traslato – aggiro, scanso, burlo… y mucho más.
Amo figurarmi la ratio di G. Pairaic (così va scritto? Chi lo sa…) – auctor gallicus di un romanzo mirifico, tanto bizzarro quanto spassoso, intitolato La scomparsa – in atto di spasmo, groviglio, continuo viluppo, volta alla massima prova di un patto nascosto con la propria lingua, i suoi limiti, la sua virtù, la sua singolarità. L’azzardo contro i rodati ingranaggi di parola, sintassi, morfologia approda a un palazzo narrativo intricato di simbolici alloggi, vani, androni, disbrighi, gradini occultati da una passatoia di ottima fattura, in una sbalorditiva voluta continua di racconto giallo, tramata in un arcano miscuglio di impostura, indagini, omicidi orditi in un arco di 26 capitoli.
Alla scomparsa di Anton Vokal, anticipata da un sogno in cui, da una scansia, si invola il quinto di una raccolta di 26 volumi (vi risuona?), si accoda l’arrivo di una sua strana missiva agli amici a lui più vicini: Olga Mavrokhordatos, Amaury Conson, Arthur Wilburg Savorgnan, Hassan Ibn Abbou, Augustus B. Clifford… Una strana missiva, dico, a prima vista ricca di indizi in forma di rompicapo, sulla cui scorta gli amici stabiliscono di trovarlo, Vokal, ma invano. Non solo: la polizia in forza di Ottavio Ottaviani + Aloysius Swann si prodiga in indagini. Tra brogli, circonvoluzioni, ragguagli di fatti passati, il racconto avanza sotto un bianco signum ricorsivo, insistito, infausto… Bianca la pagina di capitolo 5 (si ricordi il quinto tomo di 26 sparito dall’onirico ripiano di Vokal); una bianca tinta balugina in varia forma ogni qual volta vi sia una dipartita, una minaccia, un’ombra sul passato, sulla vita di Olga, Conson, Savorgnan y sus amigos… Una matassa complicatissima si sostanzia in romanzo.
Basta, non aggiungo altro sulla trama.
Dirò piuttosto qualcosa intorno a Pairaic (ancora non sono sicuro si scriva così…), intorno ai suoi vincoli (di scrittura) con i quali – riformulo qui l’abbrivio – illa ipsa vincula victa sunt[1]. Nato in Parigi il 7 marzo 1936, morì a un tratto, sì, ma non importa poi tanto, quia immortalis scriptura factust[2]. Lo spazio allargatosi tra i punti nodali “vita-dipartita” fu corposo, ricco, proficuo, a tratti assai doloroso (soprattutto l’infanzia), ma scialacquato mai. Dopo sorboniani studi singhiozzanti, trova un lavoro di cultura al CNRS; fa poi il suo approdo in scrittura; sono i fabolous 60s, ma in Francia. Quando scocca il ’67, il Nostro si associa all’OuLiPo (fondato 7 anni prima dal suo chiaro amico Raymond), un opificio, anzi no, alla gallica, l’acronimico Ouvroir, laboratorio in cui l’orditura di lingua, modi, storia incrocia la trama di vincoli, obblighi, costrizioni, complicati artifici – ovvi o cifrati –, codici nascosti. Uno o più princìpi sottilissimi, imbricati fra loro o con il racconto, irradiano il nocciolo narrativo, modificando il suo DNA, mutandolo in qualcosa di stratificato, ramificato, un garbuglio di citazioni, rimandi, allusioni, giochi stilistici, calcoli combinatori applicati al discorso…
Da ciò “La scomparsa”: titolo, sì, pur anco midollo di romanzo, ma in aggiunta vincolo ubiquo, insito in ogni sua pagina: la mancanza, dico, di un atomo linguistico occultato, rifiutato, cacciato (con animo giocoso, sia chiaro). A dirla in altra formula, l’atto di sottrarsi alla vista (o alla vita) si fa un “a priori” al racconto: sotto gli occhi di tutti, prima ancora di prologo, capitoli, poscritti, citazioni finali, un glifo d’abicì si volatilizza dando chiosa di quanto sovrumana sia la scrittura (+ il trasporto in lingua italiana!) di una storia compiuta priva di un siffatto appoggio. Lipogramma, in sunto, si chiama un tal artificio, ossia la rinuncia all’uso di vocaboli dotati di uno i più glifi stabiliti in principio dallo scrivano a mo’ di obbligo, ostacolo, stimolo, pungolo alla fantasia contro ogni pastoia. Paradosso? No, affatto: solo i limiti danno la misura di qualcosa.
Quindi? A conti fatti cosa manca in La scomparsa? Ah, non mi tradirò di sicuro; dirò soltanto ciò: cosa manca manco qui si trova…
Appunti
[1] Proprio tali vincoli sono vinti.
[2] … in quanto dalla scrittura fu fatto salvo dal trapasso.